Trenitalia sopprime gli ultimi treni notturni a lunga percorrenza che per decenni sono stati simbolo dell'emigrazione. Il Treno del sole (Palermo-Torino), la Freccia della Laguna (Siracusa-Venezia), il Treno dell'Etna (Catania-Milano) e molti altri resteranno solo un ricordo per i viaggiatori meridionali e per i turisti che hanno scoperto la Magna Graecia facendosi trasportare dagli scossoni dei lenti treni italiani.
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C'è l'alternativa dei voli LOW COST, dice Trenitalia... CI PRENDONO PER STUPIDI? Si meriterebbero davvero UN BOICOTTAGGIO RADICALE dei loro servizi! Noi che per decenni abbiamo mantenuto quei carrozzoni sporchi e malfunzionanti per cronica mancanza di alternative! Se ve ne fossero state, in passato, chi avrebbe scelto mai di dormire in sudici carri (bestiame) con cuccette a 6 posti per scomparto???
QUALCHE DATO INCONTROVERTIBILE: il 65% dei Siciliani e dei Calabresi vive a più di 1 ora di distanza da un aeroporto. Inoltre, quel che è peggio, PALERMO E CATANIA non riescono ad accontentare le numerose richieste, soprattutto nei periodi festivi, dei turisti e dei migranti che partono e arrivano. Le poche compagnie aeree che collegano la Sicilia con MILANO, BOLOGNA o VENEZIA non hanno un numero di voli adeguato e, spesso, anche questi, hanno orari così scomodi da ESSERE FUNZIONALI SOLO AI RESIDENTI a Catania e Palermo.
Inoltre, l'"Aeroporto dello Stretto" (che pomposo nome!) di REGGIO CALABRIA è quasi irraggiungibile dalla Provincia di MESSINA, anche per colpevole disinteresse dei politici locali. Quello di TRAPANI è, invece, eccentrico e praticamente raggiungibile solo dai Trapanesi. Il numero delle cosiddette compagnie aeree low cost negli ultimi anni si è assottigliato: sparite Volareweb, AlpiEagles, Myair... quelle rimaste hanno costi poco 'low' e disponibilità di posti assai limitata! PER ASSICURARSI, ad esempio, 4 POSTI SU UN VOLO NATALIZIO BISOGNA PRENOTARE ALMENO A LUGLIO...
QUALCHE DATO INCONTROVERTIBILE: il 65% dei Siciliani e dei Calabresi vive a più di 1 ora di distanza da un aeroporto. Inoltre, quel che è peggio, PALERMO E CATANIA non riescono ad accontentare le numerose richieste, soprattutto nei periodi festivi, dei turisti e dei migranti che partono e arrivano. Le poche compagnie aeree che collegano la Sicilia con MILANO, BOLOGNA o VENEZIA non hanno un numero di voli adeguato e, spesso, anche questi, hanno orari così scomodi da ESSERE FUNZIONALI SOLO AI RESIDENTI a Catania e Palermo.
Inoltre, l'"Aeroporto dello Stretto" (che pomposo nome!) di REGGIO CALABRIA è quasi irraggiungibile dalla Provincia di MESSINA, anche per colpevole disinteresse dei politici locali. Quello di TRAPANI è, invece, eccentrico e praticamente raggiungibile solo dai Trapanesi. Il numero delle cosiddette compagnie aeree low cost negli ultimi anni si è assottigliato: sparite Volareweb, AlpiEagles, Myair... quelle rimaste hanno costi poco 'low' e disponibilità di posti assai limitata! PER ASSICURARSI, ad esempio, 4 POSTI SU UN VOLO NATALIZIO BISOGNA PRENOTARE ALMENO A LUGLIO...
Mobilitazione dei sindaci pugliesi contro Trenitalia: il documento
«Non si può tagliare il Mezzogiorno da rete nazionale»
Dalla Puglia, da Foggia è partita ieri la battaglia dei sindaci per il "diritto alla mobilità". Per una «giustizia infrastrutturale» che oggi non c’è, un divario tra Nord e Sud del Paese destinato ad aumentare e che presto non consentirà a migliaia di meridionali di avere a disposizione neppure tutti i collegamenti con Intercity ed Eurostar fino a questo momento ancora garantiti sui binari pugliesi, lucani, campani, calabresi e siciliani. Il 7 dicembre i sindaci, con l’appoggio dell’Anci nazionale e dell’Anci Puglia, hanno protestato a Roma dinanzi alle sedi del ministero dello Sviluppo economico e di Ferrovie dello Stato:
Antonella Caruso
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IL TESTO INTEGRALE: http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/433920/
LEGGENDO QUESTO PEZZO MI SONO VENUTI I BRIVIDI:
"LA STAMPA" - 11/12/2011
A bordo del "diretto del sole" Palermo-Torino che da oggi viene soppresso. Negli scompartimenti le stesse storie di lacrime e speranza di 50 anni fa
Presto, presto, scendete, sta partendo». Jessica, 19 anni, devono quasi buttarla giù dal treno, in un precipizio di parole, baci e singhiozzi. Sharon, che di anni ne ha 4, scoppia a piangere vedendo la nonna allontanarsi con la faccia incollata al finestrino, le lacrime che rigano il vetro. «Mamma, mamma, non te ne andare», grida la ragazza. «Nonna, nonna, resta qui», implora la bambina, con la faccia avvampata come il vestitino fucsia a balze. «Vita mia, sangue mio», risponde lei, 44 anni appena, mentre il treno alle 12,32 lascia la stazione centrale di Palermo. I nomi sono quelli delle dive hollywoodiane, ma le lacrime sono le stesse di mezzo secolo fa, quando su questi binari partivano e restavano Rosalie e Concette, Carmele e Giuseppine. «Vita mia, sangue mio», ripete per ore abbracciata alla figlioletta Miriam, l’unica delle tre che porta con sé verso una nuova vita a Torino, mentre l’ultimo Treno del Sole – il convoglio che per 57 anni ha unito i due capi della Penisola – sferraglia a strapiombo su un mare da cartolina siciliana, con le pale di fichidindia che scorrono accanto ai binari e il sole estivo che investe lo scompartimento.
Ultimo viaggio: da oggi niente più collegamenti diretti tra Sud e Nord, per risalire lo Stivale bisognerà fare almeno una tappa a Roma o, in direzione contraria, a Bologna. Addio, proprio nell’anno centocinquantesimo dell’Italia unita, al Treno del Sole, ma anche al Conca d’Oro (Palermo-Milano), al Freccia del Sud (Catania-Milano), al Treno dell’Etna (Siracusa-Torino), alla Freccia della Laguna, il Palermo-Venezia. Tutti vagoni protagonisti di una seconda unificazione del Paese, con l’incontro-scontro tra dialetti e culture, l’emigrazione di massa, la partecipazione degli operai meridionali al boom economico nazionale.
Ultimo viaggio: da oggi niente più collegamenti diretti tra Sud e Nord, per risalire lo Stivale bisognerà fare almeno una tappa a Roma o, in direzione contraria, a Bologna. Addio, proprio nell’anno centocinquantesimo dell’Italia unita, al Treno del Sole, ma anche al Conca d’Oro (Palermo-Milano), al Freccia del Sud (Catania-Milano), al Treno dell’Etna (Siracusa-Torino), alla Freccia della Laguna, il Palermo-Venezia. Tutti vagoni protagonisti di una seconda unificazione del Paese, con l’incontro-scontro tra dialetti e culture, l’emigrazione di massa, la partecipazione degli operai meridionali al boom economico nazionale.
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La signora Maria, 86 anni pieni di forza e di agilità, salita a Barcellona Pozzo di Gotto, non fa una piega. «E vabbè, pazienza, io su questo treno ci viaggiavo quando i sedili erano di legno, che cosa me ne importa delle lenzuola? Dormo vestita». Va a Pinerolo a trovare le sue figlie, anche loro emigrate: una infermiera, l’altra insegnante. «È l’ultima volta che parto da sola, come faccio al ritorno a scendere e salire dai binari, a fare il viaggio pezzo a pezzo? Mi dovrà accompagnare qualcuno».
È ora di pranzo, sul treno non c’è una carrozza ristorante e non passa nemmeno un venditore di panini. Gli scompartimenti – due metri e mezzo per tre – si riempiono di chiacchiere, confidenze, storie di vita. Si parla in dialetto. Via le scarpe, tutti in pantofole come a casa.
...
I vagoni corrono veloci sulle rotaie, superano il buio delle gallerie, si riaffacciano alla luce. Dai finestrini passano migliaia di case, migliaia di vite: tinelli e giardinetti di condominio, bambini con il grembiule all’uscita da scuola, donne che stendono i panni. Ci si abbandona, dentro questo ventre sferragliante e familiare. Ci si affida. Non nello spazio breve e vorticoso di un volo, ma su un cammino lungo, accidentato, fatto di uomini e sudore. «Il treno è una grande metafora della vita», sentenzia Nino, ferroviere in pensione, innamorato dell’odore del carbone e della ferraglia. Squillano poco i telefonini, non c’è neanche una presa elettrica per ricaricarli, il tempo è sospeso. Poco prima delle quattro del pomeriggio si arriva a Messina, quasi un’ora di attesa prima dell’imbarco sulla nave. E un’altra ora allo sbarco. Si ripartirà da Villa San Giovanni alle 18,53. Tre ore di stop per soli venti minuti di traversata. «Siamo in ritardo?», chiede qualcuno ai ferrovieri in stazione. «No, è l’orario normale». Tanto che salgono nuovi passeggeri. C’è una signora distinta, aria professorale, zaino da viaggiatrice spiccia. Si chiama Nicolina Malara, calabrese di nascita, ordinario di Matematica all’Università di Modena e Reggio Emilia, figli poliglotti, cittadina del mondo. «Sono arrivata ieri sera da Bologna – racconta – adesso riparto per Torino. Se l’avessi dovuto fare in aereo, ci avrei messo due giorni che non mi potevo permettere. Il treno non è un mezzo lento, fa risparmiare tempo, perché parte dal centro città, non richiede spostamenti intermedi, consente di produrre, di leggere, di lavorare a bordo. L’aereo, oltretutto, ha consumi di carburante spaventosi, non è affatto il mezzo del futuro».
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Laura Anello
La signora Maria, 86 anni pieni di forza e di agilità, salita a Barcellona Pozzo di Gotto, non fa una piega. «E vabbè, pazienza, io su questo treno ci viaggiavo quando i sedili erano di legno, che cosa me ne importa delle lenzuola? Dormo vestita». Va a Pinerolo a trovare le sue figlie, anche loro emigrate: una infermiera, l’altra insegnante. «È l’ultima volta che parto da sola, come faccio al ritorno a scendere e salire dai binari, a fare il viaggio pezzo a pezzo? Mi dovrà accompagnare qualcuno».
È ora di pranzo, sul treno non c’è una carrozza ristorante e non passa nemmeno un venditore di panini. Gli scompartimenti – due metri e mezzo per tre – si riempiono di chiacchiere, confidenze, storie di vita. Si parla in dialetto. Via le scarpe, tutti in pantofole come a casa.
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I vagoni corrono veloci sulle rotaie, superano il buio delle gallerie, si riaffacciano alla luce. Dai finestrini passano migliaia di case, migliaia di vite: tinelli e giardinetti di condominio, bambini con il grembiule all’uscita da scuola, donne che stendono i panni. Ci si abbandona, dentro questo ventre sferragliante e familiare. Ci si affida. Non nello spazio breve e vorticoso di un volo, ma su un cammino lungo, accidentato, fatto di uomini e sudore. «Il treno è una grande metafora della vita», sentenzia Nino, ferroviere in pensione, innamorato dell’odore del carbone e della ferraglia. Squillano poco i telefonini, non c’è neanche una presa elettrica per ricaricarli, il tempo è sospeso. Poco prima delle quattro del pomeriggio si arriva a Messina, quasi un’ora di attesa prima dell’imbarco sulla nave. E un’altra ora allo sbarco. Si ripartirà da Villa San Giovanni alle 18,53. Tre ore di stop per soli venti minuti di traversata. «Siamo in ritardo?», chiede qualcuno ai ferrovieri in stazione. «No, è l’orario normale». Tanto che salgono nuovi passeggeri. C’è una signora distinta, aria professorale, zaino da viaggiatrice spiccia. Si chiama Nicolina Malara, calabrese di nascita, ordinario di Matematica all’Università di Modena e Reggio Emilia, figli poliglotti, cittadina del mondo. «Sono arrivata ieri sera da Bologna – racconta – adesso riparto per Torino. Se l’avessi dovuto fare in aereo, ci avrei messo due giorni che non mi potevo permettere. Il treno non è un mezzo lento, fa risparmiare tempo, perché parte dal centro città, non richiede spostamenti intermedi, consente di produrre, di leggere, di lavorare a bordo. L’aereo, oltretutto, ha consumi di carburante spaventosi, non è affatto il mezzo del futuro».
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Laura Anello
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E I POLITICI DEL NORD? IN VENETO, AD ESEMPIO, ZAIA
E I POLITICI DEL NORD? IN VENETO, AD ESEMPIO, ZAIA
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