PER CARITA' NON SONO NEOBORBONICO E NEMMENO UN MERIDIONALISTA CONVINTO... MA DOPO AVER LETTO L'ARTICOLO DELLO SCRITTORE DI CUNEO "Sud, basta coi luoghi comuni" SU "L'ESPRESSO" MI E' MONTATA UNA RABBIA GRANDE. AMMETTO ANCHE CHE ERO FRESCO REDUCE DALLA VISIONE DELL'OPPRIMENTE CAPOLAVORO "NOI CREDEVAMO". MA AVER CONSTATATO CHE ANCHE UNO DEI MIGLIORI INTELLETTUALI ITALIANI DEL XX SECOLO SI SIA LASCIATO PRENDERE DALL'INVETTIVA VISCERALE ANTIMERIDIONALE, QUESTO NO! NON POTEVO PROPRIO TOLLERARLO.
...E DIRE CHE, DA INVIATO IN SICILIA NEGLI ANNI '80 RIUSCI' A DESCRIVERE (IN Inferno) CON RARO ACUME IL DEVASTANTE SACCO DI PALERMO E LA CATANIA DEI "CAVALIERI DELL'APOCALISSE" (MAFIOSA). ECCO RIUNITI I MIEI INTERVENTI STIZZITI E PROVOCATORI INVIATI DIRETTAMENTE ALL'ESPRESSO E INSERITI TRA I COMMENTI AL SUO PEZZO (MAI AVUTO RISPOSTA) E QUELLI POSTATI SULLA SUA PAGINA FACEBOOK (IDEM).
QUANDO SI SCRIVE DEL PASSATO, SECONDO ME, SI DEVE SCEGLIERE SE FARLO DA STORICO DOCUMENTATO O DA GIORNALISTA DI DENUNCIA...
QUANDO SI SCRIVE DEL PASSATO, SECONDO ME, SI DEVE SCEGLIERE SE FARLO DA STORICO DOCUMENTATO O DA GIORNALISTA DI DENUNCIA...
...
APPUNTO, la smetta con i luoghi comuni! Quando deve (giustamente) criticare la situazione attuale del Meridione riesce sempre a documentarsi bene. Per parlare, invece, del decennio 1860-1870 non riesce proprio a trovare delle fonti? Lei parla di arretratezza cronica ma ignora studi di settore, dati e cifre inoppugnabili. Cita vaghe fonti di fine '800 quando ormai tutto era devastato, quando ormai tutti non pensavano che ad emigrare grazie al "numero spaventoso di imbecilli che invase le nuove province del regno" (Pasquale Villari). Con l' "assalto" della democrazia piemontese agli uffici pubblici i "liberatori" occuparono tutto quello che c'era da occupare: un discreto tenentino diventò un generale ottuso; un discreto maestro del Nord si trasferì al Sud per diventare un pessimo direttore didattico; un poliziotto burocrate diventò prefetto ecc. Perchè Bocca non ci spiega tutto questo? Lei mi ricorda Montanelli quando si ostinava a negare l'uso dei gas in Etipia pur davanti a prove inconfutabili...
Lei NON DICE NIENTE dei soldati piemontesi che calarono come lupi sui contadini: 300 mila morti (per difetto) o 700.000? ed erano tutti pericolosi briganti? Lo erano anche i bambini di 5 anni fucilati dai bersaglieri? E i villaggi rasi al suolo in puro stile nazista? Nessuno di qui sadici ufficialetti delle sue terre ha mai pagato per i suoi crimini, atti che la retorica patriottarda ha sempre descritto come "eroici"! Lei prova forse pudore a parlarne? Come quegli anziani che si rifiutano di parlare dei propri parenti o antenati più imbarazzanti... I piemontesi instaurarono un codice militare di guerra che prevedeva la fucilazione non soltanto per chi utilizzava le armi contro i militari di casa Savoia. La legge consentì punizioni esemplari anche contro coloro che genericamente "venivano sorpresi" con un' arma di qualsiasi genere. In pratica ogni contadino poteva essere ammazzato perché quasi tutti possedevano almeno un'ascia o un vecchio schioppo. Con la legge Pica (1863) bastava molto poco per finire davanti al plotone di esecuzione!
Vendola: «Sì, il Sud rischia. Ma basta con i complessi e le paure».
RispondiEliminaAutore: redazione
Intervista a L’Unità del 26.8.08. Di Simone Collini.
Il Sud rischia molto, ma se fugge di fronte alla sfida rischia di più”. Nichi Vendola definisce la bozza Calderoli sul federalismo una “premessa accettabile”. Premessa, perché “rappresenta un terreno di discussione, non una minestra scodellata per una cena obbligatoria”. E’ accettabile, perché “si è tenuto conto di alcune obiezioni sollevate nei confronti della bozza precedente, quella del governo Prodi”. Al presidente della Regione Puglia non sfuggono i rischi che corre il Mezzogiorno di fronte a un federalismo fiscale come quello prospettato nel progetto del ministro per la Semplificazione. Ma dice: “Il Sud deve evitare la politica della riduzione del danno. Deve accettare la sfida e andare a vedere le carte, rilanciare. Deve essere parte dirigente di un processo di rinnovamento. E vivere l´appuntamento con il federalismo per ritematizzare la questione meridionale”.
Perché evoca la questione meridionale?
“Perché i temi sollevati riguardano la fondazione di uno Stato, a cominciare dal rapporto tra tributi versati e servizi ricevuti, e toccano la storia della cattiva unificazione del Paese. La questione settentrionale è un´ideologia che contempla la fuga dall´unità nazionale, il contrario della questione meridionale, che è sempre stato il tema dell´unità del Paese. Da questo punto di vista si è agitato prima lo spettro della secessione e poi il tema federalista. Il Mezzogiorno non deve arrivare a questo appuntamento sul federalismo, che vorrei ricordare è di rango costituzionale, obtorto collo, o con una discussione di bassa cucina. Non possiamo essere stretti tra la paura che prenda una brutta piega e i conti della massaia”.