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sabato 28 maggio 2011

NESSUNO MI PUO' GIUDICARE. LA RIVOLTA DEI PROF...

E' PASSATO OLTRE UN MESE DALLA MIA LUNGA E ARTICOLATA LETTERA PIENA DI CRITICHE SCRITTA ALL'AUTORE DI UN ARTICOLO SUGLI INSEGNANTI, L'ENNESIMO "ESPERTO" CHE PERIODICAMENTE DISCETTA DI SCUOLA SULLA STAMPA NAZIONALE SENZA PERDERE OCCASIONE PER DENIGRARE L'INTERA CATEGORIA. DOPO BRUNETTA, DARE ADDOSSO AI PROFESSORI, PARIA DEL CETO IMPIEGATIZIO PUBBLICO, SEMBRA LO SPORT NAZIONALE PREFERITO... 
ALLA FINE DEL LUNGO (LO AMMETTO!) MIO TESTO,  HO INSERITO LA SINTETICA E FORMALE RISPOSTA DEL CORRIERE. RIMANGO ANCORA  IN ATTESA DEL CORTESE RISCONTRO DEL GIORNALISTA.




Corriere della Sera

Nessuno mi può giudicare la rivolta 

dei prof ai test Invalsi


«Un insulto alla scuola pubblica», «un' offesa della professionalità della scuola pubblica» e, addirittura, «la schedatura a vita degli studenti». Slogan drammatici quelli usati dal sindacato Cobas per cercare di impedire che un' improvvisa catastrofe si abbatta sulla nostra scuola. Ma quale sarebbe questa catastrofe? Sarebbe la decisione presa dal ministro dell' Istruzione Mariastella Gelmini di estendere da quest' anno anche alle scuole superiori (si inizia dalle seconde classi) i test invalsi, test uguali per tutte le scuole che consentono un raffronto oggettivo sulla preparazione degli studenti, a prescindere dal metro di giudizio dei singoli insegnanti..."

Balzanetti Andrea
Pagina 42 (21 aprile 2011) - Corriere della Sera

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-----Messaggio originale-----
Inviato: venerdì 22 aprile 2011 19.09
A: Linea Aperta (Servizio Clienti)
Oggetto: cultura

ALLA CORTESE ATTENZIONE DI Balzanetti Andrea

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Egr. Dott. Balzanetti,
sono un insegnante di Storia dell’Arte della scuola secondaria superiore. Sono un lettore più che occasionale del Corriere della Sera e, grazie all’archivio digitale, ho appreso che anche in altre occasioni Lei si è occupato di scuola pubblica.
Ho trovato il Suo intervento del 21 aprile 2011 superficiale e generalista. Lei è sicuro di conoscere bene le “motivazioni spesso pretestuose” con cui i docenti si vogliono sottrarre ad una valutazione e chiude con convinzione affermando che “merito e scuola sono due parole destinate, forse, a non incontrarsi mai”. E per dar forza alla sua opinione cita i Cobas che rappresentano solo una delle tante posizioni (e neppure la maggioritaria) della galassia sindacale del mondo della scuola.
Io sono per una valutazione del mio lavoro periodica per migliorare la mia posizione professionale ed economica. Ma desidero essere valutato da colleghi con più esperienza di me che insegnano o hanno insegnato la mia stessa disciplina! Mi permetta di riassumerle alcune delle posizioni più condivise dai docenti italiani in questo momento, a giudicare almeno dai documenti prodotti dai collegi docenti e dai rumors raccolti dal sottoscritto che opera nella scuola pubblica da un decennio.
A proposito dei criteri con cui vengono realizzate le prove Invalsi, da Lei definite “test uguali per tutte le scuole che consentono un raffronto oggettivo sulla preparazione degli studenti”? Lei conosce i criteri con cui vengono reclutati i ‘test maker’? Io no. Nessuno conosce l’identità dei creatori di test, però sarebbe bello scoprire che si tratta di ex-insegnanti o altre figure professionali che provengono da realtà scolastiche. L’Invalsi è un istituto privato a cui viene assegnato questo delicato compito con un appalto che viene rinnovato annualmente. Ho consultato i colleghi delle Elementari e Medie che mi hanno espresso parecchie perplessità sulla scarsa chiarezza dei quesiti.
Dietro la “somministrazione” delle prove invalsi c’è il progetto del ministero di stilare una top-list degli istituti per assegnare in futuro le poche risorse che la politica ha deciso di destinare alla scuola. Il  “Progetto sperimentale per la valutazione delle scuole” consiste nel valutare le scuole prendendo in considerazione il livello di miglioramento degli apprendimenti degli studenti, individuato attraverso i test Invalsi; una serie di indicatori (rapporto scuola-famiglia, rapporto scuola-territorio, gestione delle risorse, livelli di abbandono...) verificati da un team di osservatori esterni composto da un ispettore e da due esperti indipendenti che, al termine delle attività, proporranno una relazione complessiva. Sulla base dei risultati ottenuti alle scuole che si collocheranno nella fascia più alta sarà assegnato un premio (fino ad un massimo di 70mila euro) da destinare esclusivamente al personale effettivamente impiegato nell´istituto durante il periodo di sperimentazione. Quindi, agli istituti situati nelle periferie a rischio, dove alto è il disagio sociale e il tasso di abbandono scolastico, oppure alle scuole di quartieri o città dove alta è la percentuale di studenti figli di immigrati, con oggettive iniziali difficoltà di apprendimento, NON VERRA’ MAI CORRISPOSTO ALCUN PREMIO! EVVIVA LA PREMIALITA’ DELL’ERA BERLUSCONI! Ma questi sono criteri aberranti: chi ha più bisogno viene trascurato, invece, viene premiato con criteri tutt’altro che oggettivi (prove invalsi…) chi non ha particolari problemi socio-educativi e di integrazione! QUESTA NON E’ SICURAMENTE LA SCUOLA PUBBLICA DELLA COSTITUZIONE! E’ il trito e famigerato sistema di apprendimento del “teaching to test”, che nel mondo anglosassone viene progressivamente abbandonando perché il discente studia SOLO per superare la “prova” non per IMPARARE. Da noi viene proposto come innovazione epocale!
Nel “Progetto sperimentale per premiare i docenti migliori” mirante ad individuare e premiare gli insegnanti che si distinguono per capacità e professionalità dimostrate, in ogni scuola verrebbe costituito un "nucleo" composto dal Dirigente scolastico, da due docenti eletti dal Collegio dei docenti e dal presidente del Consiglio di Istituto in qualità di osservatore (un genitore…  davvero MOLTO COMPETENTE!).  Non è dato sapere se i DUE DOCENTI eletti SARANNO A LORO VOLTA SOTTOPOSTI A VALUTAZIONE O SE ACQUISIRANNO MERITI SUL CAMPO semplicemente COME VALUTATORI. La valutazione farà riferimento a due elementi: curriculum vitae e documento di valutazione. QUEST’ULTIMO IN BASE A QUALI ELEMENTI VERRA’ REDATTO? DA UN DIRIGENTE E DA DOCENTI CHE NON HANNO MAI ASSISTITO PRIMA AD 1 ORA DI LEZIONE dell’esaminato?  ANCORA PIU’ INQUIETANTE  IL FATTO CHE LA “TERNA” dovrà considerare anche i risultati di indagini realizzate per rilevare l´apprezzamento dei docenti da parte dei genitori e degli studenti. Ai docenti particolarmente meritevoli sarà assegnato un premio pari ad una mensilità di stipendio. DOMANDA: in base a che cosa verrà misurato “il livello di gradimento” del prof. Tra studenti e genitori? “Simpatia” piuttosto che “bontà d’animo”? “Chiarezza espositiva” o “severità”?
Quelli, come Lei, che parlano di scuola da fuori del sistema-scuola credono forse possibile stabilire per decreto la percentuale dei BRAVI (25%), normali (50%) e FANNULLONI (25%) sul modello di un efficientismo privo di senso? Il terzetto dei valutatori dovrebbe, come un capoufficio dell’era brunetta, decidere chi viene ricompensato e chi no, in base a rigide ripartizioni matematiche! 
Ma se una scuola dovesse risultare del tutto “ECCELLENTE” chi verrà escluso dalla premiazione? Chi non è “simpatico”? Chi non è cortigiano a sufficienza? E se la scuola, invece, dovesse oggettivamente essere al di sotto di standard minimi di decenza? Come verranno ripartite le magre risorse? Tra chi è più furbo o tra chi è meno scarso?
E in questo sono confortato dalla posizione assunta dal mio sindacato, La Gilda degli Insegnanti che,  a differenza di quel che Lei ritiene, non ha mai considerato il riconoscimento della professionalità del docente e la meritocrazia “fumo per gli occhi”. Ha affermato il coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio il merito di un docente si misura in base al livello di conoscenza della materia insegnata e alla sua capacità di trasmetterla agli studenti". Meglio sarebbe invertire la rotta rispetto a una scuola che, in questi anni, ha valorizzato l´impegno nei cosiddetti progettifici e nello svolgimento di compiti amministrativi che spesso non sono attinenti alla funzione docente".
Due anni fa ho scritto al Ministro Gelmini una lettera cui non è stata fornita alcuna cortese riposta. ...
Lo stesso Giorgio Israel, membro del Comitato tecnico scientifico nazionale costituito "per l´elaborazione delle linee strategiche relative alla costruzione di un sistema nazionale di valutazione” definisce "una scorciatoia illusoria che può rendere il sistema di valutazione semplice quanto inefficace e fonte di veri e propri errori". Secondo lo studioso, si tratta di un metodo che "deriva da un'idea banalmente sbagliata e cioè che la scuola sia un'azienda fornitrice di beni e servizi e che studenti e famiglie siano l'utenza". E aggiunge "Il sistema migliore di valutazione dell'istituto scolastico e dell'insegnante è quello condotto dai competenti in materia", e cioè da un nucleo composto da "ispettori e dagli stessi insegnanti" (il testo completo del documento è disponibile nel sito della Gilda degli Insegnanti).
La ringrazio per la Sua cortese attenzione.
Distinti saluti
Benedetto Giovanni Roselli

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Martedì 26 Aprile 2011, 14:56
Da:

Egregio Signor Roselli,
La ringraziamo per essersi impegnato a scrivere la Sua opinione che abbiamo già inoltrato alla direzione competente.
Auspicando di annoverarLa sempre tra i nostri più affezionati lettori, Le porgiamo distinti saluti.

mercoledì 25 maggio 2011

MILAZZO “PERDUTA” O… “PERDENTE”?


SCRITTO ANNI FA... OGGI, COSA E' CAMBIATO?

Qualche giorno fa mi sono recato a visionare la mostra fotografica sulla Chiesa dei Cappuccini solleticato dall’ampia pubblicità attraverso pregevoli manifesti affissi praticamente in ogni strada importante di Milazzo. Con disappunto ho notato che non era presente alcun testo che fornisse ai visitatori un’informazione sintetica sul contenitore-chiesa “messa in mostra”. Insomma quel classico pannello informativo con scheda dell’opera (ubicazione, planimetria, cronologia, autori, vicende, ecc.) che non manca mai in nessuna esposizione con finalità artistiche o documentarie.
Comunque, a parte questo appunto, non è sui criteri espositivi della mostra che mi voglio soffermare.
Invece, solleticato proprio dalla suddetta esposizione, vorrei approfittare dello spazio, che gentilmente mi concedete [il settimanale milazzese LA CITTA’], per fare alcune considerazioni… a cominciare proprio dal titolo!
Questa iniziativa si presenta come il tentativo di serbare memoria di un frammento di una Milazzo “perduta”, cioè irrimediabilmente “andata” o “scomparsa”. Sulle cause di questa distruzione, però non viene fornita nessuna indicazione. Quali i fattori e le cause? Né calamità naturali né eventi bellici ma semplicemente incuria da parte dell’ente proprietario del complesso dei Cappuccini che aveva l’obbligo di tutela e custodia: il Comune di Milazzo.
In effetti, a ben guardare oggi i resti miserevoli di quello che fu uno dei poli religiosi più importanti (ed imponenti) della nostra città, tra ‘600 e ‘800, c’è veramente da mettersi la fascia nera al braccio.
Se il convento, come fa sapere il Sindaco in un recente intervento, sta per essere riconsegnato alla pubblica fruizione (per farne cosa?), a più di un decennio dai primi discutibili lavori di ristrutturazione, va sottolineato che in tutti questi anni non una lira è stata spesa per arginare i devastanti effetti di un trentennio di abbandono dell’attigua chiesa.
Dopo che ha perso lo status di luogo di culto, la chiesa è stata interessata da una serie di trasferimenti delle sue pregevoli opere d’arte in altre chiese milazzesi (Chiese dell’Immacolata e del Rosario) gestite dallo stesso ordine religioso; in seguito è stata colpita da una catena di furti mirati, quindi, ha subito (e continua a subire) una lunga serie di atti vandalici sistematici quanto irrazionali.
Mi domando cosa speravano di trovare quegli aspiranti necrofili frantumando le lapidi delle tombe gentilizie per rimestarci dentro; perché sconvolgere i resti dei frati che erano stati ordinatamente allineati nella cripta, secondo una consuetudine tipica dei Cappuccini? Ricordo che già un ventennio fa non si poteva sperare di trovare un solo  scheletro con le ossa in connessioni anatomica!
Ho letto che in questi giorni a Burgio (prov. di Agrigento) è stata aperta al pubblico, dopo un lungo ed accurato restauro, la cripta della Chiesa dei Cappuccini con le sue “mummie” risalenti al ‘700, sul modello di Palermo e Savoca.
In una mia segnalazione del 15.05.89, in qualità di Presidente dell’Archeoclub di Milazzo, invitavo il Comune e la Sezione tutela Beni Artistici della Soprintendenza di Messina ad intervenire tempestivamente per scongiurare il furto dell’ultima tela di Onofrio Gabriele ancora in situ nell’altare maggiore, che invece, in seguito, puntualmente si è verificato, forse anche per l’inopportuna pubblicazione (da parte di altri!) sulla stampa locale di un articolo di denuncia che ha sortito solo l’effetto involontario di guidare la mano dei ladri.
In seguito, grazie alla collaborazione del giornalista Saro Pergolizzi, ho personalmente curato la realizzazione di un lungo articolo-dossier, apparso sul Giornale di Sicilia il 22.09.90, per cercare di sollecitare ulteriormente l’Amministrazione comunale, proprietaria e custode, è giusto ribadirlo, dell’intero complesso architettonico.
In occasione di un paio di sopralluoghi del personale della Sezione Architettonica della Soprintendenza di Messina, effettuato su invito (sollecitazione!) dell’Archeoclub (nel 1989 e nel 1991), siamo tutti entrati all’interno della martoriata cripta della chiesa, accedendo semplicemente, come tutti i precedenti “visitatori”, dal cancello esterno…
Proprio alla eccessiva facilità di accesso all’edificio sacro incustodito, fa riferimento una lettera del 30.01.2001 inviata al Comune di Milazzo, dall’associazione SiciliAntica, in cui il Presidente, Goffredo Campagna, fa presente all’Assessore ai Beni culturali che “per impedire, o quanto meno arginare, i frequenti atti vandalici cui è sottoposta [la chiesa] sarebbe intanto sufficiente sigillare la porta d’accesso e riparare il cancello di ferro”.
Non vorrei, menzionando tutto questo, essere preso per un intellettuale “parruccone”, e limitarmi a trincerarmi dietro un comodo “l’avevo detto/l’avevo scritto nel lontano millenovecento…” ma vorrei ricordare che il compito di salvaguardare i nostri beni culturali cittadini non è stato mai prerogativa degli appassionati volontari (cui spetta il diritto di vigilare) ma di chi negli anni si è alternato, con incarichi politici o professionali, sulle poltrone dell’Assessorato ai BB.CC.AA. del nostro Comune e ai dirigenti della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina che hanno il dovere di intervenire direttamente per garantire la tutela del patrimonio artistico, archeologico, architettonico e ambientale.
L’inserimento della Chiesa dei Cappuccini in una sorta di “operazione nostalgia”, dedicando una mostra senza una disamina delle cause che hanno portato alla devastazione dell’edificio proprio non mi va giù.
Molteplici sono le attività culturali del genere retrospettive “color seppia” che si potrebbero organizzare su questo o quel tema specifico storico-artistico e documentario; e vanno anche bene, per carità, poiché titillano soprattutto i cultori delle “reliquie” della Milazzo preindustriale. Solo che stavolta non stiamo parlando di moda e costume negli anni ’20, della quantità del pescato della tonnara o del duro lavoro delle gelsominaie ma di un edifico che, a dispetto delle ingiurie decennali, “si ostina” a restare in piedi, come monito perenne dei livelli di inciviltà cui può arrivare la nostra comunità.
Allora, dal momento che ora non c’è più niente da asportare, distruggere o profanare, forse si parla di interventi di restauro anche per la nostra Chiesa, credo sarebbe forse meglio parlare di una pagina di una Milazzo “perdente” più che perduta, in cui alla incuria degli Enti preposti si è accompagnato il quasi generale disinteresse della cittadinanza.