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mercoledì 25 maggio 2011

MILAZZO “PERDUTA” O… “PERDENTE”?


SCRITTO ANNI FA... OGGI, COSA E' CAMBIATO?

Qualche giorno fa mi sono recato a visionare la mostra fotografica sulla Chiesa dei Cappuccini solleticato dall’ampia pubblicità attraverso pregevoli manifesti affissi praticamente in ogni strada importante di Milazzo. Con disappunto ho notato che non era presente alcun testo che fornisse ai visitatori un’informazione sintetica sul contenitore-chiesa “messa in mostra”. Insomma quel classico pannello informativo con scheda dell’opera (ubicazione, planimetria, cronologia, autori, vicende, ecc.) che non manca mai in nessuna esposizione con finalità artistiche o documentarie.
Comunque, a parte questo appunto, non è sui criteri espositivi della mostra che mi voglio soffermare.
Invece, solleticato proprio dalla suddetta esposizione, vorrei approfittare dello spazio, che gentilmente mi concedete [il settimanale milazzese LA CITTA’], per fare alcune considerazioni… a cominciare proprio dal titolo!
Questa iniziativa si presenta come il tentativo di serbare memoria di un frammento di una Milazzo “perduta”, cioè irrimediabilmente “andata” o “scomparsa”. Sulle cause di questa distruzione, però non viene fornita nessuna indicazione. Quali i fattori e le cause? Né calamità naturali né eventi bellici ma semplicemente incuria da parte dell’ente proprietario del complesso dei Cappuccini che aveva l’obbligo di tutela e custodia: il Comune di Milazzo.
In effetti, a ben guardare oggi i resti miserevoli di quello che fu uno dei poli religiosi più importanti (ed imponenti) della nostra città, tra ‘600 e ‘800, c’è veramente da mettersi la fascia nera al braccio.
Se il convento, come fa sapere il Sindaco in un recente intervento, sta per essere riconsegnato alla pubblica fruizione (per farne cosa?), a più di un decennio dai primi discutibili lavori di ristrutturazione, va sottolineato che in tutti questi anni non una lira è stata spesa per arginare i devastanti effetti di un trentennio di abbandono dell’attigua chiesa.
Dopo che ha perso lo status di luogo di culto, la chiesa è stata interessata da una serie di trasferimenti delle sue pregevoli opere d’arte in altre chiese milazzesi (Chiese dell’Immacolata e del Rosario) gestite dallo stesso ordine religioso; in seguito è stata colpita da una catena di furti mirati, quindi, ha subito (e continua a subire) una lunga serie di atti vandalici sistematici quanto irrazionali.
Mi domando cosa speravano di trovare quegli aspiranti necrofili frantumando le lapidi delle tombe gentilizie per rimestarci dentro; perché sconvolgere i resti dei frati che erano stati ordinatamente allineati nella cripta, secondo una consuetudine tipica dei Cappuccini? Ricordo che già un ventennio fa non si poteva sperare di trovare un solo  scheletro con le ossa in connessioni anatomica!
Ho letto che in questi giorni a Burgio (prov. di Agrigento) è stata aperta al pubblico, dopo un lungo ed accurato restauro, la cripta della Chiesa dei Cappuccini con le sue “mummie” risalenti al ‘700, sul modello di Palermo e Savoca.
In una mia segnalazione del 15.05.89, in qualità di Presidente dell’Archeoclub di Milazzo, invitavo il Comune e la Sezione tutela Beni Artistici della Soprintendenza di Messina ad intervenire tempestivamente per scongiurare il furto dell’ultima tela di Onofrio Gabriele ancora in situ nell’altare maggiore, che invece, in seguito, puntualmente si è verificato, forse anche per l’inopportuna pubblicazione (da parte di altri!) sulla stampa locale di un articolo di denuncia che ha sortito solo l’effetto involontario di guidare la mano dei ladri.
In seguito, grazie alla collaborazione del giornalista Saro Pergolizzi, ho personalmente curato la realizzazione di un lungo articolo-dossier, apparso sul Giornale di Sicilia il 22.09.90, per cercare di sollecitare ulteriormente l’Amministrazione comunale, proprietaria e custode, è giusto ribadirlo, dell’intero complesso architettonico.
In occasione di un paio di sopralluoghi del personale della Sezione Architettonica della Soprintendenza di Messina, effettuato su invito (sollecitazione!) dell’Archeoclub (nel 1989 e nel 1991), siamo tutti entrati all’interno della martoriata cripta della chiesa, accedendo semplicemente, come tutti i precedenti “visitatori”, dal cancello esterno…
Proprio alla eccessiva facilità di accesso all’edificio sacro incustodito, fa riferimento una lettera del 30.01.2001 inviata al Comune di Milazzo, dall’associazione SiciliAntica, in cui il Presidente, Goffredo Campagna, fa presente all’Assessore ai Beni culturali che “per impedire, o quanto meno arginare, i frequenti atti vandalici cui è sottoposta [la chiesa] sarebbe intanto sufficiente sigillare la porta d’accesso e riparare il cancello di ferro”.
Non vorrei, menzionando tutto questo, essere preso per un intellettuale “parruccone”, e limitarmi a trincerarmi dietro un comodo “l’avevo detto/l’avevo scritto nel lontano millenovecento…” ma vorrei ricordare che il compito di salvaguardare i nostri beni culturali cittadini non è stato mai prerogativa degli appassionati volontari (cui spetta il diritto di vigilare) ma di chi negli anni si è alternato, con incarichi politici o professionali, sulle poltrone dell’Assessorato ai BB.CC.AA. del nostro Comune e ai dirigenti della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Messina che hanno il dovere di intervenire direttamente per garantire la tutela del patrimonio artistico, archeologico, architettonico e ambientale.
L’inserimento della Chiesa dei Cappuccini in una sorta di “operazione nostalgia”, dedicando una mostra senza una disamina delle cause che hanno portato alla devastazione dell’edificio proprio non mi va giù.
Molteplici sono le attività culturali del genere retrospettive “color seppia” che si potrebbero organizzare su questo o quel tema specifico storico-artistico e documentario; e vanno anche bene, per carità, poiché titillano soprattutto i cultori delle “reliquie” della Milazzo preindustriale. Solo che stavolta non stiamo parlando di moda e costume negli anni ’20, della quantità del pescato della tonnara o del duro lavoro delle gelsominaie ma di un edifico che, a dispetto delle ingiurie decennali, “si ostina” a restare in piedi, come monito perenne dei livelli di inciviltà cui può arrivare la nostra comunità.
Allora, dal momento che ora non c’è più niente da asportare, distruggere o profanare, forse si parla di interventi di restauro anche per la nostra Chiesa, credo sarebbe forse meglio parlare di una pagina di una Milazzo “perdente” più che perduta, in cui alla incuria degli Enti preposti si è accompagnato il quasi generale disinteresse della cittadinanza.


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