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sabato 23 aprile 2011

"LETTERA" A GIORGIO BOCCA

PER CARITA' NON SONO NEOBORBONICO E NEMMENO UN MERIDIONALISTA CONVINTO... MA DOPO AVER LETTO L'ARTICOLO DELLO SCRITTORE DI CUNEO "Sud, basta coi luoghi comuni" SU "L'ESPRESSO" MI E' MONTATA UNA RABBIA GRANDE. AMMETTO ANCHE CHE ERO FRESCO REDUCE DALLA VISIONE DELL'OPPRIMENTE CAPOLAVORO "NOI CREDEVAMO". MA AVER CONSTATATO CHE ANCHE UNO DEI MIGLIORI INTELLETTUALI ITALIANI DEL XX SECOLO SI SIA LASCIATO PRENDERE DALL'INVETTIVA VISCERALE ANTIMERIDIONALE, QUESTO NO! NON POTEVO PROPRIO TOLLERARLO. 
...E DIRE CHE, DA INVIATO IN SICILIA NEGLI ANNI  '80 RIUSCI' A DESCRIVERE (IN Inferno) CON RARO ACUME IL DEVASTANTE SACCO DI PALERMO E LA CATANIA DEI "CAVALIERI DELL'APOCALISSE" (MAFIOSA). ECCO RIUNITI I MIEI INTERVENTI STIZZITI E PROVOCATORI INVIATI DIRETTAMENTE ALL'ESPRESSO E INSERITI TRA I COMMENTI AL SUO PEZZO (MAI AVUTO RISPOSTA) E QUELLI POSTATI SULLA SUA PAGINA FACEBOOK (IDEM).
QUANDO SI SCRIVE DEL PASSATO, SECONDO ME, SI DEVE SCEGLIERE SE FARLO DA STORICO DOCUMENTATO O DA GIORNALISTA DI DENUNCIA...


...
APPUNTO, la smetta con i luoghi comuni! Quando deve (giustamente) criticare la situazione attuale del Meridione riesce sempre a documentarsi bene. Per parlare, invece, del decennio 1860-1870 non riesce proprio a trovare delle fonti? Lei parla di arretratezza cronica ma ignora studi di settore, dati e cifre inoppugnabili. Cita vaghe fonti di fine '800 quando ormai tutto era devastato, quando ormai tutti non pensavano che ad emigrare grazie al "numero spaventoso di imbecilli che invase le nuove province del regno" (Pasquale Villari). Con l' "assalto" della democrazia piemontese agli uffici pubblici  i "liberatori" occuparono tutto quello che c'era da occupare: un discreto tenentino diventò un generale ottuso; un discreto maestro del Nord si trasferì al Sud per diventare un pessimo direttore didattico; un poliziotto burocrate diventò prefetto ecc. Perchè Bocca non ci spiega tutto questo? Lei mi ricorda Montanelli quando si ostinava a negare l'uso dei gas in Etipia pur davanti a prove inconfutabili... 

Lei NON DICE NIENTE dei soldati piemontesi che calarono come lupi sui contadini: 300 mila morti (per difetto) o 700.000? ed erano tutti pericolosi briganti? Lo erano anche i bambini di 5 anni fucilati dai bersaglieri? E i villaggi rasi al suolo in puro stile nazista? Nessuno di qui sadici ufficialetti delle sue terre ha mai pagato per i suoi crimini, atti che la retorica patriottarda ha sempre descritto come "eroici"! Lei prova forse pudore a parlarne? Come quegli anziani che si rifiutano di parlare dei propri parenti o antenati più imbarazzanti... I piemontesi instaurarono un codice militare di guerra che prevedeva la fucilazione non soltanto per chi utilizzava le armi contro i militari di casa Savoia. La legge consentì punizioni esemplari anche contro coloro che genericamente "venivano sorpresi" con un' arma di qualsiasi genere. In pratica ogni contadino poteva essere ammazzato perché quasi tutti possedevano almeno un'ascia o un vecchio schioppo. Con la legge Pica (1863) bastava molto poco per finire davanti al plotone di esecuzione! 

...
Il problema dell'attuale dis-unità d'Italia non è legato evidentemente sempre a quel che pensa il povero leghista Cota o i suoi compari varesotti ma quello che  purtroppo scrivono, con convinzione dopo 150 anni, intellettuali autorevoli come GIORGIO BOCCA. Egli, che è stato sempre efficace nel denunciare la pochezza della classe dirigente meridionale, scrive I SOLITI INSULSI LUOGHI COMUNI sul Sud del 1861. Se leggete l'articolo, ad esempio quando parla di infrastrutture inesistenti sembra si riferisca alla situazione  attuale della Salerno-Reggio Calabria. E' chiaro che 150 anni fa ci fossero poche strade e ferrovie  rispetto alle zone pianeggianti del Nord, infatti, il Meridione, assai montuoso, da sempre aveva utilizzato massicciamente i trasporti marittimi sfruttando una rete capillare di porti e approdi. Bocca parla di arretratezza cronica genericamente ma  NON DICE NIENTE del terribile decennio 1860-1870 quando i "civilizzati" piemontesi calarono come lupi sui nostri antenati. Quel "numero spaventoso di imbecilli" di cui  parla lo storico  Villari. Gli invasori occuparono stabilmente tutto quello che c'era da occupare: dall'ufficio alla caserma, dalla filanda al cantiere navale... L' assalto della monarchia liberale piemontese si tradusse in una disastrosa spedizione coloniale da cui il Sud non si sarebbe più ripreso. E, d'altra parte, quando ne avrebbe avuto la possibilità? forse negli anni a cavallo della I guerra mondiale (milioni di emigrati e 300mila caduti meridionali per liberare Trento e Trieste)?  Oppure durante la dittatura fascista?

1 commento:

  1. Vendola: «Sì, il Sud rischia. Ma basta con i complessi e le paure».

    Autore: redazione

    Intervista a L’Unità del 26.8.08. Di Simone Collini.

    Il Sud rischia molto, ma se fugge di fronte alla sfida rischia di più”. Nichi Vendola definisce la bozza Calderoli sul federalismo una “premessa accettabile”. Premessa, perché “rappresenta un terreno di discussione, non una minestra scodellata per una cena obbligatoria”. E’ accettabile, perché “si è tenuto conto di alcune obiezioni sollevate nei confronti della bozza precedente, quella del governo Prodi”. Al presidente della Regione Puglia non sfuggono i rischi che corre il Mezzogiorno di fronte a un federalismo fiscale come quello prospettato nel progetto del ministro per la Semplificazione. Ma dice: “Il Sud deve evitare la politica della riduzione del danno. Deve accettare la sfida e andare a vedere le carte, rilanciare. Deve essere parte dirigente di un processo di rinnovamento. E vivere l´appuntamento con il federalismo per ritematizzare la questione meridionale”.

    Perché evoca la questione meridionale?
    “Perché i temi sollevati riguardano la fondazione di uno Stato, a cominciare dal rapporto tra tributi versati e servizi ricevuti, e toccano la storia della cattiva unificazione del Paese. La questione settentrionale è un´ideologia che contempla la fuga dall´unità nazionale, il contrario della questione meridionale, che è sempre stato il tema dell´unità del Paese. Da questo punto di vista si è agitato prima lo spettro della secessione e poi il tema federalista. Il Mezzogiorno non deve arrivare a questo appuntamento sul federalismo, che vorrei ricordare è di rango costituzionale, obtorto collo, o con una discussione di bassa cucina. Non possiamo essere stretti tra la paura che prenda una brutta piega e i conti della massaia”.

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